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Contenuti Testuali per il Web

testi per il web
  • Data: 12 Aprile 2021
  • Autore: Elena Granchi
  • Categorie

  • Giuneco Tech

    Il nostro settore richiede uno studio continuo e una forte attenzione all’innovazione. Incentiviamo quindi dei programmi formativi annuali per tutti i componenti del team, con ore dedicate (durante l’orario di lavoro) e serate formative sia online che in presenza. Sponsorizziamo eventi, sia come partner che semplicemente come partecipanti, e scriviamo articoli su quello che abbiamo imparato per essere, a nostra volta, dei divulgatori.

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  • Il valore dei contenuti:

    Incredibile ma vero, oggi parliamo di TESTI; testi scritti in Italiano, parole. L’argomento, in effetti, non è il primo che viene in mente in ambito informatico, tuttavia dimostreremo come i contenuti testuali abbiano una loro dignità, nonché una certa importanza, in diversi ambiti informatici (soffermandoci, in particolare, sul mondo Google).

    In effetti il web è grande, la concorrenza estrema, quindi la comunicazione -in toto- non può essere lasciata al caso. I contenuti testuali devono avere valore, rilevanza e rispetto per l’utente. Non si tratta di semplice buonsenso o marketing, esistono in verità molte normative che regolano “il buon scrivere” sulla rete. Il colosso Google, ad esempio, ha dettato da tempo le proprie linee guida per i contenuti; le vedremo insieme e analizzeremo anche come produrre un contenuto valido e funzionante per il web di oggi.

    Ci soffermeremo, inizialmente, nella produzione di contenuti per Google (SEO, Discover e Ads), per poi affrontare il problema di una comunicazione inclusiva, e infine concludere con alcune riflessioni e suggerimenti sui contenuti e il loro impatto emotivo.

    I testi e Google

    Piccolo inciso: cos’è Google Discover

    google discover
    google discover

    Dando per assodato che tutti sappiamo di cosa stiamo parlando con i termini SEO e ADS, spendiamo due parole per conoscere meglio Google Discover, anche solo per la terminologia relativamente recente.

    Si tratta infatti di quello che fino a poco tempo fa era conosciuto come Google Feed, una funzionalità integrata nell’app Google: una raccolta di contenuti proposti in base alle ricerche, alla posizione e agli interessi dell’utente. 

    Lo scopo di Discover è affinare al massimo i risultati proposti, l’utente quindi può parzialmente modificare il feed nascondendo o espandendo alcuni contenuti o fonti.

    L’organizzazione di questi contenuti è abbastanza anomala, essi infatti non vengono proposti strettamente in ordine cronologico, ma spesso vengono raccolti semanticamente, per offrire un’esperienza utente più soddisfacente. In aggiunta, non tutti i contenuti sono necessariamente recenti: nei criteri di eleggibilità c’è anche l’affidabilità e la fama di una fonte, e il contenuto può essere datato ma sufficientemente affidabile da essere comunque proposto.


    DAL SITO GOOGLE SEARCH CENTRAL:
    Data la sua natura non causale, il traffico proveniente da Discover è meno prevedibile o affidabile rispetto a quello di Ricerca e deve essere considerato complementare rispetto al traffico di quest’ultima. Ciò significa che puoi creare e ottimizzare i contenuti per soddisfare esigenze di ricerca specifiche per il traffico dei motori di ricerca, ma non c’è un modo per creare espressamente contenuti che attivino la corrispondenza con Discover.

    Le linee Guida di Google

    Le linee guida per i contenuti testuali (e non) di Google: cosa evitare

    Come già accennato scrivere sul web non è una questione di intuito, ma esistono delle normative; Google stesso, colosso del web, ha le proprie, che è fondamentale conoscere soprattutto se puntiamo alla SEO, ad uscire su Discover, o a generare una campagna di Ads.

    Le linee guida di Google per i contenuti sono molto simili per i vari mezzi (che si tratti di Discover, SEO o Ads) e si riferiscono sia ai testi che a altro (immagini, video, etc.). Vediamo a titolo di esempio i principali DON’T di Discover:

    • Annunci e contenuti sponsorizzati: non possiamo inserire pubblicità occulte, né contenuti pubblicitari che superino i contenuti effettivi delle pagine
    • Niente nudità e sesso, a meno che non si tratti di contenuti medici
    • Non sono tollerate violazioni del copyright
    • Nessun contenuto molesto, violento, pericoloso o di incitamento all’odio, come bullismo o minacce personali, razzismo, etc.
    • Nessuna pratica ingannevole, truffa o furto di identità
    • Spam e malware: Google non tollera né malware né contenuti duplicati, ingannevoli o modificati per “barare” nell’innalzamento del ranking, come ad esempio schemi di link… esiste una sezione apposita della normativa, destinata agli webmaster

    Per consultare direttamente la sezione di Google su questo argomento: https://support.google.com/websearch/answer/9982767?hl=it

    Le linee guida per i contenuti testuali (e non) di Google: suggerimenti

    In aggiunta alle pratiche da evitare, che compromettono l’indicizzazione di un sito su Google Discover (e non solo, come già accennato) ci vengono forniti anche alcuni suggerimenti. Generici, ma a quanto pare non scontati:

    • Titoli di pagina: originali e semanticamente carichi e coerenti con il contenuto della pagina, senza scadere nel clickbait
    • Evitare di enfatizzare inutilmente il contenuto in anteprima senza che questo corrisponda alla pagina una volta cliccato (evitare curiosità morbosa o scandalo). 
    • Selezionare in modo accurato i contenuti, raccontare una storia, fornire informazioni uniche e originali.
    • Citare sempre fonti, autori, data di pubblicazione, in modo da mantenere un rapporto di fiducia e trasparenza con il lettore
    • Immagini: se possibile accattivanti e sempre di grandi dimensioni (larghezza di almeno 1200 px)

    Per saperne di più ovviamente possiamo consultare tutta la documentazione al riguardo

    Ma COME scrivere? Cura del testo e linguaggio inclusivo

    Grazie per esserti iscritto

    Benvenuto nel pannello di controllo

    Ti sei disconnesso

    Queste frasi ci suonano familiari? Se il web fosse un post migliore, in effetti, non dovrebbero.

    La lingua italiana ci offre grandi possibilità, infiniti sinonimi, precisione nel dettaglio. Ci pone però anche alcuni trabocchetti rispetto a altre lingue. Ad esempio, la mancanza del neutro fa sì che un pannello possa salutarmi, all’ingresso, con un bel:

    Benvenuto Elena

    Che oltre a essere oggettivamente brutto, non è neanche molto inclusivo, e denota non chissà quale cattiveria da parte dell’autore, ma un totale senso di superficialità: scrivere in modo inclusivo infatti non richiede abilità da poeta, bensì disciplina e attenzione. E la disciplina, l’attenzione e la cura, sono fortemente apprezzati da qualunque cliente/utente/committente.

    Grazie per l’iscrizione
    Ciao, hai effettuato l’accesso
    Disconnessione effettuata, a presto!

    Facile, no?

    Questa diffusa superficialità nei testi sul web, genera contenuti scritti in prima e terza persona contemporaneamente, o rivolti a un audience a cui si da prima del tu e poi del voi.

    Es.
    Giuneco è una azienda di software di successo. Siamo sul mercato dal 2006.

    Oppure

    Sei appassionato di informatica? Noi facciamo l’intervento tal dei tali, partecipate numerosi!

    Sembrano scritti da qualcuno che andava di fretta, che non ha fatto caso alle parole; vogliamo trasmettere questo messaggio? L’utilizzo di una persona piuttosto che un’altra, inoltre, veicola anche una sorta di metacomunicazione che determina diverso tono, atteggiamento, umore.

    Non esiste la ricetta perfetta; non è meglio l’uso della prima persona, della terza, del singolare o del plurale, ma è fondamentale decidere una linea comunicativa (correlata al mezzo) e cercare di mantenere quella.

    Ascoltiamo la differenza di “distanza tra interlocutori” tra questi due esempi:

    Ciao, sono Giuneco e sono la tua azienda di fiducia.

    Salve, questa è Giuneco, la vostra azienda di fiducia.


    Qui sopra, esempio di comunicazione di brand basata su un approccio diretto, in prima persona.

    Ad esempio, l’abitudine di rivolgersi al “voi”, un pubblico al plurale, fa scattare nella nostra mente un leggero senso di distanza, come se ci fosse un palco ed un pubblico. Il “tu” invece, è leggermente più diretto, informale, coinvolgente, ma può essere rischioso in articoli di divulgazione, che rischiano di apparire saccenti e presuntuosi.

    Allo stesso modo, parlare dandosi del “noi” (Un saluto al nostro amico Giovanni! Ci sei mancato!) da un senso di famiglia, di appartenenza, infatti viene usato spesso nella comunicazione di gruppi e fan club.

    Ovviamente non c’è nulla di sbagliato nel decidere di adottare una comunicazione più formale o più distante, l’importante tuttavia è la consapevolezza.

    Attenzione però! ANCHE I GRANDI FANNO UN PO’ QUEL CHE GLI PARE; sarà volutamente un cambio di tono o una disattenzione da parte del team di SMM? 🙂

    ceres - immagine rivolta a un pubblico plurale
    ceres - immagine rivolta a un pubblico singolare

    Questa consapevolezza di cui abbiamo parlato, porterebbe facilmente alla produzione di contenuti inclusivi. Non sappiamo, infatti, chi sarà “dall’altra parte dello schermo” a leggere i nostri contenuti (sì certo, ci sono i contenuti targettizzati, l’intelligenza artificiale, ma in linea di massima no, non lo sappiamo con certezza), e con una scrittura superficiale potremmo discriminare, allontanare o offendere una percentuale variabile del nostro pubblico. 

    L’attenzione per il genere, nella scrittura e non solo, offre una serie di interrogativi sui quali spesso non si riflette abbastanza (qui di seguito, Linkedin che cerca di rimediare alla falla per cui, cercando “traduttore”, venivano automaticamente escluse dalla ricerca le “traduttrici”)

    linkedin - problemi su risultati di ricerca non inclusivi

    Oltre alle problematiche legate alla grammatica, in Italiano dobbiamo fare i conti anche con un’eredità culturale fatta di stereotipi e modi di dire che di certo non aiutano nella scrittura inclusiva. Alcuni esempi?

    Non fare la femminuccia

    Una donna con le palle

    Sei un maschiaccio

    Ma anche senza scadere in brutti modi di dire, dobbiamo sempre fare attenzione a quello che scriviamo, anche nei contenuti:

    Cena romantica per lui e per lei NO
    Cena romantica per due SI

    Non sono soltanto i riferimenti al genere a rendere complicato il lavoro del copywriter per il web; c’è infatti tutta una serie di attenzioni da rivolgere ai nostri testi quando parliamo di persone con disabilità.
    Termini come “persona sfortunata” o altro genere di linguaggio drammatico (ad esempio perifrasi come “confinato su una sedia a rotelle”) possono risultare molto offensive. Per le persone con disabilità visiva, inoltre, potrebbe essere difficile fruire di contenuti scritti con molti acronimi o emoji, perché mal interpretati dagli screenreader. Per una trattazione completa di questo argomento, però, che richiede attenzioni a 360°, possiamo consultare https://www.webaccessibile.org/

    Utilizzo di stereotipi e archetipi a nostro favore

    Grazie a COME scriviamo e produciamo i nostri contenuti sul web, possiamo coinvolgere il nostro pubblico di utenti (o di possibili acquirenti) guidando il suo comportamento attraverso archetipi, bias cognitivi, emozioni e contesto comunicativo. Si tratta di un processo delicato e che richiede del tempo, che coinvolge l’utente ad un livello non del tutto razionale.

    azione coinvolgente del marketing

    Dobbiamo fare attenzione però: affidare la nostra comunicazione a meccanismi troppo basic e clichè, potrebbe essere controproducente. L’uso di stereotipi in modo classico, ad esempio, oltre a rischiare di essere offensivo per alcune persone, è stato più volte provato come controproducente. 

    Cos’è uno stereotipo

    Definizione:

    In psicologia, qualsiasi opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non acquisita sulla base di un’esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali.

    In linguistica, luogo comune, frase fatta.

    stereotiopo: segretarie e call center al femminile
    stereotipo: manager maschile

    Le operatrici dei call center sono sempre donne, i manager sempre uomini?


    Gli stereotipi possono essere sia di genere che sociali/culturali (Italia – pizza e mafia, la bambina con la cucina e il bimbo con il pallone, etc.)

    stereotipo sessista pubblicità anni 60

    Nella storia della pubblicità hanno avuto un ruolo importante soprattutto fino agli anni ‘60; oggi sono considerati superati anche se permangono in alcuni casi, per esempio gli stereotipi di genere in molti spot rivolti ai più piccoli.

    Non sempre sono utilizzati in modo consapevole: è capitato anzi spesso che un messaggio venisse interpretato dal pubblico come stereotipato, talvolta generando anche rivolte e costringendo famosi brand a scusarsi (ad esempio, qualche anno fa, una azienda produttrice di attrezzature per la ginnastica pubblicò una pubblicità che venne percepita dal pubblico come sessista e che la fece crollare in borsa in modo drammatico). Questo vale ovviamente sia per i video e le immagini, che per i nostri amati testi.


    Un modo intelligente per utilizzare uno stereotipo, invece, è quello di giocarci, di contraddirlo; che si tratti di una frase fatta o di un concetto. Un ottimo esempio di questo approccio è la pubblicità sugli stereotipi degli italiani realizzata dal Ministero per lo Sviluppo Economico:

    Cos’è un archetipo, la teoria degli archetipi

    Definizione:

    In psicanalisi, secondo lo svizzero C.G. Jung (1875-1961), il contenuto dell’inconscio collettivo, cioè le idee innate o la tendenza a organizzare la conoscenza secondo modelli predeterminati innati.

    Secondo la teoria degli archetipi applicata al marketing, durante la produzione di contenuti ci è utile fare riferimento ad una serie di modelli, di “immagini” originarie che parlano direttamente alle emozioni dei nostri utenti. Le figure originarie di riferimento sono riconducibili a 12 profili principali:

    L’Innocente: Ottimismo, armonia. (Mulino Bianco, Coca Cola).

    L’Esploratore: Anticonformismo, ambizione, miglioramento. (Red Bull, Jeep).

    Il Saggio: Intelletto, equilibrio, verità, radici, esperienza. (IBM, Audi).

    L’Eroe: Conquista, lotta, traguardo. (Nike, Adidas. Ferrari).

    Il Ribelle/Fuorilegge: disobbedienza, anticonformismo. (Harley Davidson, Diesel).

    Il Mago: trasformazione, esperienze emozionanti, tecnologia innovativa. (Apple, Disney, Dyson).

    L’Uomo Comune: semplicità, lavoro, buona educazione. (Ikea, Volkswagen).

    L’Amante: seduzione, passione. (Tiffany, Dior).

    Il Burlone: Carpe diem, gioia, sorpresa.  (M&M, Heineken).

    L’Angelo Custode: maternità, altruismo, medicina, affetto. (Johnson&Johnson, Amnesty International).

    Il Creatore: cambiamento, idee nuove, invenzioni utili, progetti in grande. (Lego, Adobe).

    Il Sovrano: Ordine, leadership, potere, influenza, sicurezza. (Rolex, American Express, Mercedes).

    Ad ogni figura archetipica corrispondono dei concetti automaticamente individuabili dal pubblico, che si tratti di un testo scritto, di un’immagine o di un video. In ambito pubblicitario soprattutto, i grandi brand cercano di identificarsi in un archetipo (o almeno scelgono un unico archetipo per una specifica campagna pubblicitaria) e sfruttano le immagini ad esso correlato in modo da comunicare al pubblico un messaggio sempre coerente e stimolare una partecipazione emotiva inconscia; ad esempio, la serie degli spot Adidas “Impossible is nothing” si basa sul concetto che superando le proprie paure si possano raggiungere grandi risultati e si riferisce all’archetipo dell’Eroe.

    Per una trattazione della teoria degli archetipi si trovano diversi articoli online anche in italiano, oltre ovviamente al libro in cui si espone per la prima volta la teoria: “The hero and the outlaw”, di Carol Pearson (psicologa), Margaret Mark (pubblicitaria).

    Salutiamoci con la promessa di scriverci (meglio):

    In conclusione, scrivere per il web non è affatto un mestiere da improvvisati; per esempio, un articolo così lungo non andrebbe certo pubblicato, chi potrebbe mai arrivare fino in fondo? 🙂

    Tuttavia consoliamoci, con una buona dose di attenzione e di cura, i risultati possono essere più che soddisfacenti, e permettere di veicolare il giusto messaggio da parte della nostra azienda. 

    Per chiudere, come suggerimenti di lettura, ecco alcuni link interessanti:

    Account di monitoraggio sugli stereotipi nella pubblicità

    Pennamontata, un bel blog sul copywriting in italiano

    Brand Tone of Voice

    Controllare come va: Google Search Console 

    Come abbiamo detto, la qualità dei contenuti (specialmente testuali) influisce direttamente nella pubblicazione da parte di Google, sia come risultato di ricerca (SEO classico) che nella sezione Discover (ed in modo leggermente diverso, nell’accettazione di ADS da pubblicare).
    Nel caso si desideri monitorare la nostra bravura nel creare contenuti apprezzati dai motori di ricerca, possiamo utilizzare lo strumento fornito da Google stessa, cioè Google Search Console, del quale lascio l’indirizzo di un tutorial per entrare nel magico mondo del SEO, anche se non si tratta dell’argomento principale di questo articolo.